SI Fest. Dove SI sta per Savignano Immagini, eppure in qualche modo si finisce per leggerlo come un’affermazione di esistenza. Che poi a ben vedere, dopo 25 edizioni, non ci sono dubbi sul fatto che questo Festival di Fotografia esista e sia anche maturo e in salute.
Però per me un po’ è così, visto che l’ho scoperto da pochi mesi.
Merito di una piccola ma bellissima mostra dal titolo “Underground” di Marco Pesaresi, tenutasi quest’estate a Ravenna, che mi ha spinto a informarmi meglio sull’autore e sulla sua triste storia. Da lì a Savignano il passo è stato breve.
Il tema di questa edizione del SI Fest è il confine, i confini della fotografia. E chi, se non Savignano sul Rubicone, poteva sfoggiare il titolo “Alea iacta est” a richiamare il concetto di confine?
Diciotto, ben diciotto le mostre ospitate nella cittadina, oltre ad eventi collaterali, letture di portfolio e un’offerta di decine di altre occasioni e scuse per visitare il Festival.
Tutti progetti interessanti e presentazioni organiche, immagini che scavalcano un secolo di storia e arrivano a noi partendo a volte anche da molto lontano, come nella mostra “A secret about a secret”, una selezione della preziosissima raccolta di Marco Antonetto che ha collezionato fotografie a partire dagli Anni Quaranta dell’Ottocento.
La scelta degli autori spazia per provenienza (dalla Romagna agli altri continenti) e per età anagrafica (da giovani esordienti a maestri mondiali) con una continuità e un’omogeneità di talento e capacità di sperimentazione che sorprende ma che non dovrebbe, visto l’alta qualità e la tradizione di questo Festival.
Le tre mostre che mi sono piaciute di più sono piuttosto diverse una dall’altra. Si parte subito con un gigante: Duane Michaels, avanguardia americana, che con le fotografie compone racconti e poesie e sopra le fotografie ci scrive racconti e poesie, un gioco di parole e immagini dal sapore a volte onirico a volte dissacrante.
Poi, quella su cui mi sono soffermata di più: Luigi Erba (Lecco, 1949). Sarà che sono anch’io nella mia fase di entusiasmo per le sperimentazioni sull’esposizione multipla e sarà anche perché le sue fotografie non si prestavano mai a un’occhiata sfuggente ma richiedevano un’analisi ammirata per la perizia con cui erano stati ottenuti dei bianchi e neri tanto originali e quanto attraenti.
E infine “Restricted Area” di Danila Tkachenko, giovane fotografo russo, che ha immortalato in rarefatte immagini di grandi dimensioni i resti dell’epoca della guerra fredda e della corsa allo spazio: razzi, centrali nucleari, sottomarini, città segrete, fissate nell’assoluto bianco invernale di spazi vuoti dimenticati. Da brivido.
Un’altra cosa che mi ha emozionato è stata la scelta delle location per le diverse mostre, tutte suggestive, per prestigio, come per esempio Villa La Rotonda (definita “il Parioli di Savignano” dal signor Gino a cui ho chiesto indicazioni sulla strada) Palazzo Martuzzi e Villa Torlonia oppure per l’aria un po’ dimessa di ”ghirresca” memoria, come la sede del Consorzio di Bonifica.
Di Ghirri non finisco mai di incantarmi. E la luce che c’è in questi angoli di Romagna, se ti fermi ad ascoltarla… intendo proprio ascoltarla, e assorbirla con tutti i cinque sensi, ricorda tanto spesso le sue fotografie sbiadite e scanzonate al tempo stesso. E nel fotografare da queste parti non si può dimenticarsi di lui. E poi, a parte Ghirri, ogni scusa è buona per tornare a Savignano… come per esempio il prossimo SI Fest nel 2017 !
Per saperene di più: SI FEST Savignano Immagini Festival